lunedì 1 marzo 2010

La valorizzazione di conoscenze e competenze attraverso la partecipazione alle comunità online e la collaborazione condivisa.

Nel corso della nostra vita di relazione, a volte poniamo come unico orizzonte ai percorsi della nostra mente solo quello del nostro Io, e concetti come autodeterminazione, autenticità, essere se stessi, stanno semplicemente a significare che l'unico spazio disponibile all'esercizio della libertà che ci viene concesso è quello dalla cultura del narcisismo che, in questa particolare forma, non può essere assimilato ad una nevrosi derivante da un'interruzione dello sviluppo psichico, come riteneva Freud da un punto di vista medico e genetico, ma alla condizione in cui viene a trovarsi ogni individuo a cui è sottratto qualsiasi orizzonte di senso che trascenda i limiti del proprio Io. La libertà non è una elargizione, ma l'esercizio di responsabilità in ogni atto, e definisce la nostra identità quando impostiamo relazioni consapevoli, in cui un'azione è libera nella misura in cui trasformiamo il nostro mondo e noi stessi senza aver paura della negoziazione, in un processo con cui si confrontano, definendosi a vicenda, valori contrapposti e da cui emerge un contesto che li integra.
Possiamo dunque legittimamente porci la domanda se può il narcisismo digitale, che innegabilmente esiste e, forse, addirittura abbonda nel Web 2.0, aiutarci, anzichè limitarci, a costruire nuovi orizzonti di senso, grazie anche a specifiche modalità pratiche come la condivisione e la collaborazione, e se questo aspetto può costituire una leva positiva per migliorare sia lo status individuale che collettivo. E' proprio la componente autopoietica del narcisismo che rappresenta il veicolo espressivo per l'esternazione di ciò che si è sedimentato in noi e nella nostra mente, e che viene percepita come filtro del reale, a partire dalla nostra esperienza soggettiva, nell'organizzazione della propria struttura mentale e relazioni. Questa esibizione di sè appare anche permeata da un deciso significato donativo che rappresenta, a volte anche a costo di una qualche forma di sofferenza, la volontà di superare i limiti identitari dell'esternazione di sè, e nasce dal desiderio di esprimersi e condividersi. Questo atteggiamento di dinamismo affettivo, che la Rete indubbiamente facilita, costituisce effettivamente un elemento catalizzatore che, mettendo in relazione collaborativa gli individui, puó aiutarci a costruire un orizzonte di senso condiviso, realizzando anche interazioni su attivitá concrete. Quello della collaborazione è dunque il concetto chiave, nella possibilità di superare ulteriormente i limiti fisici del nostro Io e di ogni vincolo solipsistico e narcisistico, interlacciando le relazioni personali e mescolandole fino alla costruzione di un campo mentale condiviso, come accade di solito in tutti gli insiemi di gruppo. La Rete stessa è un grande ambiente gruppale, sospeso tra l'esternazione e la collaborazione, sotteso ad un medium digitale sociale in continua e, forse troppo, rapida evoluzione, tramite il quale tende appunto ad assumere quelle caratteristiche di un campo mentale reale e non solo virtuale, in continuo divenire, nel quale rappresentiamo ognuno un atteggiamento precursivo di qualcosa che tuttavia diventa vecchio ad ogni battito d'ala.
Nella Rete c'è qualcosa che ci spinge ad agire donativamente, nonostante il caos, le diffidenze e le difficoltà indotte dalla CMC, esponendoci agli altri a volte anche più di quanto faremmo in una situazione di incontro fisico di gruppo, oltrepassando a volte anche i limiti imposti dal rispetto della privacy, nel tentativo uscire dall'isolamento e trovare nella gruppalità digitale un confronto ed una forma di colloquio in cui anche la riservatezza può essere sacrificata al desiderio di rappresentarsi, nella definizione di uno status in cui non si è solo, anonimamente, di passaggio. In questo sforzo collettivo di esternazione autopoietica e di rappresentazione, nella ricerca del passaggio da una somma di singole visioni narcisistiche ad uno stato di concreta collaborazione, si pone risolutivamente il problema dell'autenticità come unica dimensione che può rendere condivisibile il fertile campo delle comunicazioni e delle interazioni, e che ci invita a riflettere sul fatto che l'autenticità esiste solo se è esternata e partecipata. In Rete a volte assistiamo a comportamenti in cui si cerca di affermare la propria idea e farne sfoggio, reiterandola continuativamente sugli stessi soggetti quasi a rinforzare le fondamenta di quanto si va sostenendo. In questa attività di imposizione il confronto ci può aiutare ad essere meno monolitici, a mettere talvolta in discussione un'idea e, se sottoposti ad una critica costruttiva, anche ad ampliare gli orizzonti dei possibili scenari. Parlare con persone che non conosciamo non è facile, ma piano piano possiamo riuscire ad acquisire un senso di familiarità anche con gli estranei. E' un lavoro di costruzione lento e progressivo, e richiede grande pazienza ed abilità nell'ascoltare. Ognuno è libero di decidere quale parte di sé sia cedibile in una discussione di gruppo, considerando anche il rischio che le informazioni che condividiamo possono essere osservate dagli altri. E' difficile che una persona riveli il suo nucleo più intimo in una relazione estemporanea e casuale, pur tuttavia qualche eccezione è possibile anche in Rete, così come nella vita reale.

Riuscire a proporsi in piena autenticità significa superare i limiti della nostra identità visibile, significa proporre qualcosa di intimo e fortemente emotivo, che proviene dal nucleo stesso del nostro più profondo essere, che si trova spesso ben nascosto e protetto nel centro affettivo e vitale di noi stessi. Ciò che invece più spesso accade nella comunicazione, è solo il reiterativo proporre tracce più o meno cristallizzate del nostro Io, nel tentativo narcisistico negativo di seduzione, frammettendo pezzi di corazza a copertura della nostra propriocezione, riaffermando una confortante identificazione e rassicurandoci nello specchiarsi negli altri. L'impulso a comunicare il nostro intimo in piena autenticità si basa invece su uno sforzo di esternazione più partecipativo, cioè su una componente narcisistica positiva che ci induce ad uscire da limiti protezionistici e conservativi nel superare le identità esteriori, ed a proporsi sinceramente veri, disposti anche a perdere la faccia, pur di raggiungere il cuore degli altri. Possiamo quindi provare a depurare il termine narcisismo della sua comune connotazione negativa per determinare se esiste realmente anche un narcisismo positivo, che non distrugge ma costruisce, spesso in sinergia con altri analoghi narcisismi. Pensando al narcisismo, non si può comunque non sottolineare nuovamente la sua appartenenza alla sfera dell'affettività e, dunque all'ineluttabilità del fatto che, come in ogni relazione di vicinanza, le persone, che sono comunque portatrici d'amore, arrivino a viverlo con un vissuto denso di doni e ferite, con una capacità di elaborazione più o meno consapevole. La Rete, anche, e forse proprio, in assenza di contatto fisico, favorisce spesso sia una comunicazione più autentica e più immediata, ovvero non più mediata dal controllo e/o dal bisogno di esibire il proprio pensiero e lasciare un segno di sè, sia nel senso di un proporsi pieno di desiderio di contatto virtuale come avviene nei new media. Il vero concetto di virtuale si ritrova proprio nelle rappresentazioni della realtà, fisica o digitale che sia, che entrano in risonanza, nella profondità della nostra mente, nel momento stesso del contatto interattivo con altre menti. La Rete favorisce dunque nuove modalità, spesso più autentiche, di proporre la complessità della parte più vera e profonda della nostra identità, e ci indica la strada verso un nuovo concetto di identità, così come ci indica un'altra prospettiva attraverso la quale concepire il concetto di società. E' indubbio che il potere disinibitorio della CMC e la sociologia dei new media, offrono molteplici spunti per iniziare l'osservazione di quello che da più parti è stato definito il mondo virtuale, perchè il web apre le porte alle multi-identità così come, allo stesso momento, apre a nuovi modi di condividere la conoscenza, le opinioni, le idee, la cultura. Esiste dunque un narcisismo che è certezza della propria identità, che si afferma costruendo senso e relazione, che si oppone al conformismo del pensiero omologato e indotto. Empatia, narcisismo positivo, rivalutazione dei rapporti umani senza tornaconto, sono dunque concetti che esprimono più che abbastanza un gradiente di motivazioni che possono spingere a relazionare in, e con la, Rete proprio per le opportunità di scambio culturale ed umano che essa stessa è in grado di offrire.

Quando si affronta il tema della comunicazione circolare nei gruppi, quasi a voler rappresentare in forma metaforica la possibilità di superare le caratteristiche negative del narcisismo (la cui prevalenza tende normalmente a determinare la comunicazione entro confini ristretti e prefissati), nonché quelle caratteristiche positive dell'esternazione personale che permettono invece il costituirsi di un campo mentale condiviso fertile e trasformativo, possiamo prendere e riferimento quel gioco infantile, oggi un pò caduto nell'oblio ma presente in molte società, in cui si utilizza un pezzo di spago lungo circa mezzo metro chiudendolo ad anello tra le dita aperte delle due mani, e facendogli comporre una figura che sembra l'intreccio di una culla. Una persona davanti a noi prende l'intreccio creato, infilando le sue dita in alcuni precisi punti, e muove le mani, allargandole, fino a formare una nuova figura. Altre persone partecipano al gioco finchè si riescono a realizzare nuovi intrecci. L'esempio rende bene l'idea di quanto ognuno di noi può riuscire ad essere propositivo nell'ambito di un gruppo, offrendo agli altri il proprio punto di vista, che origina dal tentativo di dare forma ai propri pensieri, alle proprie visioni della realtà progettuale, esibendo, in modo narcisistico positivo la forma stessa creata, ma nello stesso momento proponendola agli altri non come un risultato statico ed immodificabile, ma invece come un gesto donativo di stimolo, verso il quale ognuno potrà poi, a sua volta, proporre il proprio contributo verso un'ulteriore trasformazione, in un continuo rinnovamento di potenziali rappresentazioni, realizzate quindi in modalità collaborativa, e che non assumono mai la forma del risultato esclusivo di un singolo, ma solo lo spostamento in avanti del limite, desiderabile e raggiungibile, mediante la condivisione delle idee, fino al formarsi di una prospettiva comune.

Il rinnovamento nella progettazione dei processi di apprendimento nell'integrazione fra la Scuola e il territorio.

"Ad un certo livello il computer è uno strumento. Ci aiuta a scrivere, a tenere aggiornata la contabilità e a comunicare con gli altri. Al di là di questo, il computer ci offre sia nuovi modelli mentali sia un nuovo medium sul quale proiettare idee e fantasie. Recentemente il computer è diventato qualcosa di più di uno strumento e di uno specchio: siamo in grado di penetrare nello schermo riflettente. Abbiamo imparato a vivere in mondi virtuali. Possiamo trovarci da soli a navigare oceani virtuali, scoprire misteri virtuali, e proiettare grattacieli virtuali. Ma quando penetriamo nello schermo riflettente, sempre più frequentemente vi troviamo altra gente."
(Sherry Turkle)

La transizione in corso alla terza rivoluzione industriale e all’economia globalizzata della conoscenza, provoca un mutamento antropologico profondo nelle giovani generazioni e rende improvvisamente obsoleti i sistemi educativi, progettati e costruiti agli inizi dell’Ottocento, tra la prima e la seconda rivoluzione industriale. Le cause remote e presenti della crisi del sistema educativo, oggi avviato al collasso, impongono di guardare dentro il futuro che sta arrivando per definire le linee di un nuovo sistema fondato sul principio-persona e sul principio-libertà, che siano minimamente invasivi, e personalizzati su misura di ciascuno, affidati al "protagonismo" di discenti e docenti, nella consapevolezza che proprio questi ultimi sono la cruna dell’ago di ogni cambiamento possibile. La posta in gioco è semplicemente la capacità delle generazioni adulte di passare il testimone della civilizzazione ai propri figli. Dalla metà degli anni '80 il PC ha fatto il suo ingresso prepotentemente in molte attività umane, compreso il mondo della didattica, ma occorre attendere altri 10 anni prima che si affermino concetti del tutto nuovi, come multimedialità, ed è solo nel 1994 che in Italia, con l'introduzione del "Manuale di didattica multimediale" si affrontano istituzionalmente gli aspetti relativi, più che all'ammodernamento degli apparati tecnici, all'accoglimento nel mondo della scuola e dei sistemi formativi di nuovi stili di pensiero e di azione, per non rendere insanabile il divario con la società, e conflittuale l'impermeabilità fra le matrici di conoscenza e di esperienza di giovani e adulti e quelle di chi provvede alla loro formazione. Comunità ed ambienti di apprendimento virtuali, spazi di comunicazione, biblioteche digitali, in tutto questo fiorire di possibilità di connessione. l'informazione e la comunicazione si affidano oggi in gran parte ai nuovi media, con tutto ciò che comporta. Il testo stesso, così veicolato, assume forme inedite, plasmato dalla natura del mezzo. Le parole scritte mutano il loro registro comunicativo, si integrano ai filmati, alle immagini e al sonoro. Questa rivoluzione della lettura segna l'avvento della terza fase della nostra storia culturale, dopo la comparsa della scrittura e poi l'invenzione della stampa. In questo nuovo modo di comunicare, i media dell'astrazione vengono, in parte, soppiantati dai media dell'immersione, in una relazione più avvolgente e coinvolgente fra utente e mezzo, cosicchè gli stessi comportamenti vengono modificati dalle nuove modalità di rapportarsi con interlocutori distanti, anche ignoti. In sostanza, la Rete sta cambiando l'idea stessa di comunità e di relazione.
Con la nascita dell'ipertesto era messa in discussione la scansione sequenziale, ed introdotti i concetti di nodo e collegamento, indici della nuova mentalità che si stava affacciando nel mondo della conoscenza. Con Internet si apre realmente una nuova strada (già suggerita dalle provocazioni intellettuali di linguisti e filosofi degli anni Sessanta) che, superando i supporti digitali off-line (dai floppy disk ai CD-ROM), introduce i concetti di interattività e partecipazione, con l'aggiunta di sempre nuovi nodi e collegamenti gestiti dai nuovi media, vedasi ad esempio la funzione svolta da Wikipedia. La nuova scrittura è dunque multimediale poichè permette la combinazione di diversi codici espressivi, è flessibile nella misura in cui ammette revisioni rapide e presuppone aggiunte e modifiche continue, ed è collaborativa perchè chiama ad interagire. Si potrebbe affermare che tutto ciò non costituisce un'invenzione indotta dalle nuove tecnologie, e la diversità sta solo nel generare una complessità e varietà inimmaginabili. La didattica con le tecnologie digitali e di rete in pochi anni ha fatto passi da gigante, ampliando in maniera consistente i suoi ambiti di utilizzo, anche se alla quantità delle applicazioni non sempre corrisponde la loro qualità nella costruzione di apprendimenti utili. Le applicazioni didattiche delle nuove tecnologie hanno esplorato per lo più le risorse multimediali e ipertestuali del computer. In questo contesto, le potenzialità di simulazione incontrano scarsa attenzione, se non addirittura una certa diffidenza per l’ambiguità di fondo tra «realtà», «virtualità» e «finzione» che talvolta accompagna questo termine. La metodologia della simulazione consente un’interattività diversa da quella ipertestuale: permette infatti di osservare e manipolare un modello, non semplicemente di navigare tra le informazioni, e di mettere in gioco le proprie concezioni, sviluppando la capacità di comprendere teorie scientifiche, risolvere problemi, prendere decisioni e pensare in modo sistemico, ristrutturando e potenziando così i modelli mentali. Se da un lato un adeguato uso delle tecnologie digitali consente di accelerare e ottimizzare la diffusione delle informazioni e della conoscenza, dall’altro non si può ignorare la questione del "digital divide" (divario digitale). Il processo di alfabetizzazione tecnologica non si può dire infatti certo concluso, perchè vi sono ancora diverse fasce di popolazione che non hanno accesso alle tecnologie, per lo più anziani, immigrati, disabili e disoccupati, e altre che le utilizzano senza aver sviluppato un’adeguata coscienza critica, basti pensare pensi ai giovanissimi che prediligono la rete quale strumento di comunicazione. A livello educativo, poi, non tutti i docenti sono formati sull’utilizzo delle tecnologie e pedagogicamente informati sulle loro potenzialità in ambito didattico e l’e-learning rischia di ampliare il divario, generando nuove e vecchie forme di esclusione sociale, se non supportato da competenze adeguate.